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Con l’espressione credito al consumo s’intendono quelle attività di finanziamento delle persone fisiche e delle famiglie che hanno la finalità di sostenere i consumi o di rimandare o rateizzare i pagamenti.
Il credito al consumo si caratterizza per il fatto che non serve per sostenere investimenti, ma esclusivamente per finanziare la spesa corrente delle famiglie.
>>>Per approfondire: Compendio di Diritto civile

1. La situazione in Italia


Come si legge sull’enciclopedia libera Wikipedia, in Italia, gli unici soggetti autorizzati a concedere il credito al consumo sono le banche e gli intermediari finanziari iscritti negli appositi registri.
L’istituto è stato disciplinato dal Codice del Consumo (d.lgs n. 206/2005), in particolare dagli articoli 40-43, sino all’introduzione del Decreto Legislativo n.141/ 2010 che, in attuazione della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori, ha abrogato i suddetti articoli, inserendo le disposizioni relative al credito al consumo nel testo unico bancario (decreto legislativo n. 385/1993).
La disciplina vigente è quella della quale contenuta negli articoli 121 – 126 del T.U.B.
Gli strumenti finanziari utilizzati per accedere al credito al consumo sono:
la Carta di credito, il pagamento posticipati o rateizzato, il prestito personale, che avviene con pagamento iniziale in un’unica soluzione e il rimborso seguirà il piano di ammortamento e la cessione del quinto dello stipendio.
Nel credito al consumo non rientrano i mutui ipotecari per l’acquisto di immobili, perché si tratta di un investimento e il debito risulta coperto dal valore dell’immobile stesso.
Gli strumenti per accedere al credito al consumo possono essere suddivisi in finanziamenti finalizzati, come la rateizzazione dell’acquisto di un’automobile o il pagamento degli acquisti con carta di credito, e in finanziamenti non finalizzati, tra i quali i prestiti personali e il consolidamento del debito delle famiglie.
Le garanzie che vengono chieste al consumatore per accedere al credito al consumo sono limitate,  è sufficiente che il richiedente abbia un reddito, meglio se da lavoro a tempo indeterminato o nella pubblica amministrazione, un conto corrente e non sia iscritto nella lista dei cattivi pagatori.
Il tasso di interesse applicato a questo tipo di prestiti è molto più elevato rispetto a quello applicato ai mutui, perché il rischio di insolvenza del debito è più elevato e non ci sono garanzie a fronte del prestito se non il reddito del contraente.
Gli importi non sono elevati e la decisione di contrarre un debito di questo tipo non viene ponderata dai consumatori, permettono alle istituzioni che concedono il credito di farsi pagare uno spread più elevato.
Quando il prestito ha come unica finalità l’incentivo dell’acquisto invogliando il consumatore a sostenere una spesa che in caso contrario non potrebbe sostenere, è possibile che venga applicato un tasso molto ridotto (prestiti a tasso zero).
In questi casi è possibile pensare il prestito come una forma di sconto, ed è il venditore che si accolla l’onere del finanziamento verso l’istituto che concede il credito. 

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2. Il debito al consumo


Il debito al consumo è contratto dalle persone fisiche o dalle famiglie per sostenere i consumi anziché gli investimenti.
La sua particolarità, che lo differenzia rispetto ai debiti per l’acquisto di immobili, è che a fronte di una passività finanziaria non viene scritta nel bilancio della famiglia nessuna attività, gli acquisti effettuati con il debito sono destinati ad essere consumati in un tempo breve.
Il debito al consumo viene contratto dai cosiddetti consumatori attraverso gli strumenti di credito al consumo.
Il debito al consumo dal lato microeconomico è un aumento delle entrate di cassa attuali della famiglia a fronte di una diminuzione delle entrate di cassa future.
Esiste un limite invalicabile all’indebitamento che una famiglia può sostenere, al di sopra del quale non è più possibile contrarre debiti senza andare a intaccare la spesa in beni di prima necessità.
Tipicamente questo limite viene fissato nel 40% del proprio reddito.
Una famiglia che spende il 40% del suo reddito per pagare le rate dei prestiti deve essere considerata fortemente indebitata.   

3. La delega di pagamento


La delega di pagamento è un prestito concesso a un lavoratore dipendente, che si può estinguere con il trattenimento di quote dalla retribuzione mensile.
Le trattenute vengono pagate al soggetto finanziante da parte del datore di lavoro, al quale è stato conferito il relativo mandato irrevocabile dallo stesso lavoratore dipendente.
Per perfezionare il prestito con delega effettuata da un’amministrazione statale è necessario che venga stabilita una convenzione del soggetto erogante con l’amministrazione di appartenenza. Le amministrazioni parastatali e le società a partecipazione maggioritaria da parte dello Stato, svolgono di solito gli incarichi di delegazione per prestiti anche in assenza di convenzione. Negli altri casi, l’accettazione a discrezione dell’azienda.
Il finanziamento assistito da delega di pagamento può essere affiancato alla cessione del quinto dello stipendio.
Nonostante questo, i finanziamenti con rimborso attraverso delega di pagamento si devono contenere nel limite del 50% dello stipendio mensile netto, oppure a discrezione della stessa azienda.

 

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