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Si può provare ad immaginare Giancarlo Giorgetti come un meccanico che con un cacciavite sta provando a smontare il motore di una macchina. Solo che lo sta facendo mentre la macchina è in corsa. E fermarla fino ad oggi si è dimostrato difficile. Ma il ministro dell’Economia è determinato a proseguire nella sua opera di smantellamento del Superbonus.

Superbonus, per quali lavori si può usare ancora lo sconto e chi lo può chiedere: la guida completa

Superbonus, cosa cambia

Ieri il governo ha chiarito che lo “spalma-crediti”, la misura che renderà obbligatorio detrarre dalle tasse in dieci anni invece che in quattro il bonus del 110 per cento, sarà valida solo per i crediti maturati a partire dal 2024. Una retroattività insomma minima. Ma contro la quale si sono comunque alzati gli scudi della Confindustria. «In nome della certezza del diritto non condividiamo l’eventuale retroattivita», ha detto Maurizio Marchesini, attuale vicepresidente di Confindustria per le filiere e le medie imprese e futuro vicepresidente per il lavoro e le relazioni industriali.

«Il governo», ha aggiunto, «può disporre lo spalma-crediti per decreto legge a vigenza immediata, ma allora lo si applichi solo per crediti maturati da spese sostenute successivamente a quella data. Migliaia di imprese e cittadini – ha sottolineato – devono poter vivere in uno Stato in cui la certezza del diritto consenta ragionate scelte d’investimento pluriennali, non modificabili da interventi retroattivi, che mettono in seria difficoltà le famiglie e tutte le filiere dell’immobiliare».

Spalma-bonus

Lo spalma-bonus, come detto, si applicherà solo al 2024. Ma la stretta non si esaurirà in questa misura. Sarà più ampia e avrà un impatto di 2,4 miliardi, oltre un punto percentuale, allineando gli obiettivi a legislazione vigente indicati nel Def 2024 con quelli programmatici della Nadef 2023. Sarà introdotto il divieto di utilizzare lo sconto in fattura se si è portato, anche per una sola rata, il Superbonus in detrazione dai propri redditi nel 730. Una misura che non avrà un grosso impatto, perché solo il 4-5% dei contribuenti ha usato direttamente i crediti senza cederli alle banche.

Compensazione

Più di impatto potrebbe invece essere la seconda misura allo studio del Tesoro: il divieto di compensare i crediti del Superbonus con i contributi dovuti all’Inps per i propri dipendenti. Una misura che serve a mettere al riparo l’Istituto di Previdenza da brutte sorprese per i suoi conti. Che però rischia di rendere inutilizzabili una parte dei crediti per il sistema bancario, in particolare per quelle banche che hanno scontato fatture del superbonus per valori molto elevati. I titoli bancari ieri sono stati penalizzati in Borsa. Gli operatori hanno iniziato a stimare quanto impatterebbe sui bilanci degli istituti lo spalma-bonus. Se la misura si dovesse applicare, come sembra nelle intenzioni del governo, solo al 2024, gli effetti per le banche sarebbero di scarsa rilevanza. In caso di misura retroattiva, invece, le cose cambiano.

I calcoli

«Ad essere penalizzati, sarebbero ovviamente gli istituti di credito più grandi o più attivi nell’acquisizione dei crediti maturati da chi ha svolto lavori in edilizia», ha sottolineato in un report Intermonte-Websim. Quanto sarebbero le perdite? «Sulla base di assunzioni ancora da verificare», gli analisti di Intermonte hanno fatto i calcoli.

E dunque «Bper Banca dovrebbe detenere 6,3 miliardi di crediti da Super Bonus 110%” e «gli effetti della svalutazione, in termini di Net Present Value, sono pari a 504 milioni di euro ovvero poco più del 7% della capitalizzazione. Poste italiane dovrebbe essere intorno a 4,5 miliardi, traducibile in un effetto negativo di 360 milioni, il 2,2% della capitalizzazione. Lo stesso il Monte Paschi di Siena, che accuserebbe su 1600 milioni di credito, una perdita di valore di 128 milioni di euro, il 2% della capitalizzazione.

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