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Nel 2024 potrebbero essere quasi 20 mila i medici italiani che andranno a lavorare all’estero. Il 90% sono under 50enni. Il grido d’allarme arriva dall’Ordine dei medici di Roma, secondo cui, se non si porrà rimedio a questa continua emorragia, il nostro Sistema sanitario potrebbe collassare in tempi medio brevi. Il motivo fondamentale di questo esodo, che oltre ai medici coinvolge altri lavoratori del settore sanitario, come gli infermieri, è di natura economica: in molti Paesi le remunerazioni sono più alte.

Più specificamente, per diversi medici e infermieri, il problema riguarda l’alloggio. Chi trova lavoro in un’altra città è costretto a pagare affitti che, spesso mangiano più della metà dello stipendio. Il problema naturalmente riguarda anche molte altre categorie professionali, il che toglie vivacità al Paese. Gli italiani vengono spesso accusati di essere statici, di rinunciare a lavori lontani da casa. Ci sarà senz’altro una componente caratteriale per cui tendiamo a mettere radici, a differenza degli americani, per molti dei quali è normale spostarsi da Denver a Dallas, per poi andare a lavorare a Seattle e successivamente a Boston.

Ma al di là di ipotetici aspetti psicologici, a frenare la mobilità interna sono questioni di portafoglio. Il lavoro si trova di solito nelle grandi città, dove gli affitti sono insostenibili. Le risposte più immediate sarebbero due; calmierare gli affitti, come ai tempi “dell’equo canone” e/o aumentare gli stipendi. La prima soluzione appare contraria alle politiche economiche degli ultimi decenni (in gran parte d’Europa). Non è questa la sede per discutere di macroeconomia e ci limitiamo a prenderne atto.

La seconda è questione di conti aziendali. Dagli ospedali pubblici alle aziende private di ogni tipo, da un lato è difficile aumentare i compensi (per lo meno per i dipendenti regolarmente assunti), senza far saltare i bilanci. Dall’altro il precariato resta una situazione diffusa. Personalmente mi stupisce che progetti di edilizia “sociale” occupino un posto di secondo piano. Manca un “Piano Fanfani”, per cui lo Stato si fa carico di uno sforzo edilizio per mettere a disposizione alloggi a prezzi accessibili.

Oltretutto, tra  livello centrale e amministrazioni locali, in Italia il patrimonio pubblico conta quasi 1,5 milioni di immobili, molti dei quali sono inutilizzati. Ripristinarli e metterli a disposizione dei cittadini (o di alcune categorie di questi) risolverebbe i problemi di molti lavoratori. Oltretutto, rivitalizzerebbe un settore vitale come l’edilizia, senza doverlo drogare con varie forme di super bonus. Ma il dibattito politico, soprattutto a sinistra (ma non solo, pensiamo al caso del Generale Vannacci), trascura i bisogni primari, per dedicarsi ad altri tipi di diritti e discutere, ad esempio, se i bagni pubblici divisi in maschili e femminili, non siano discriminatori.

Milo Goj

 

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