In questo approfondimento vediamo se il familiare che fa da badante deve essere pagato (scopri le ultime notizie su Invalidità e Legge 104, categorie protette, diritto del lavoro, sussidi, offerte di lavoro e concorsi attivi. Leggile gratis su WhatsApp, Telegram e Facebook).
Il familiare che fa da badante deve essere pagato?
Oggigiorno è sempre più comune trovarsi a dover assistere un anziano non più autosufficiente.
Invece di rivolgersi a una figura esterna come un badante a tempo pieno o part-time, spesso un familiare si prende carico delle necessità dell’assistito, ad esempio un nipote fa da badante alla nonna.
Ma quando si tratta di questo tipo di assistenza familiare, è inevitabile interrogarsi sul lato economico: il familiare che fa da badante deve essere pagato?
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Si potrebbe considerare questa attività come un lavoro “alternativo”, anche se non ufficialmente riconosciuto, rispetto all’impiego di un badante professionale?
La Corte di Cassazione, in una sentenza risalente a qualche anno fa (sentenza n.12433 del 2015), che continua a essere un punto di riferimento su questa tematica, ha stabilito alcuni principi fondamentali:
- le prestazioni di lavoro tra parenti o affini devono essere considerate come attività gratuite;
- questo principio si basa sul legame speciale che esiste tra le persone coinvolte, che va oltre il semplice rapporto di lavoro e comprende aspetti affettivi ed economici.
In sostanza, secondo la Corte Suprema, in situazioni come queste non sussiste un diritto automatico alla retribuzione.
È considerato normale che un familiare assista un parente anziano per amore, senza aspettarsi un compenso.
Questo principio si applica universalmente, indipendentemente dal fatto che il familiare e l’assistito vivano insieme o meno.
Tuttavia, la Cassazione nella stessa sentenza ha indicato come sia possibile superare questa presunzione di gratuità nella prestazione di lavoro. Si tratta della prova di subordinazione.
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Cos’è la prova di subordinazione
Il familiare che fa da badante deve essere pagato se c’è la prova di subordinazione.
Se quindi desideri richiedere un compenso per l’assistenza fornita a un anziano, è fondamentale dimostrare che tale assistenza non è stata gratuita. Come? Devi dimostrare, in caso di controversia legale, che hai operato sotto un vero e proprio vincolo di dipendenza, anche all’interno del rapporto familiare.
Questo vincolo implica un reale rapporto lavorativo che va oltre i semplici doveri di affetto e solidarietà, e che meriterebbe quindi un riconoscimento anche dal punto di vista economico.
Tuttavia, ottenere questa prova potrebbe non essere facile: ad esempio, quando l’anziano assistito e il familiare convivono sotto lo stesso tetto.
Anche se la situazione è meno complicata nel caso di persone che non vivono insieme, è comunque necessario individuare gli elementi o i requisiti tipici della dipendenza lavorativa per dimostrare l’esistenza di un vero rapporto subordinato, sia che siate conviventi o meno.
Come dimostrare che il familiare che fa da badante deve essere pagato
Se un parente desidera ricevere il compenso che gli spetta per l’assistenza prestata, deve rivolgersi al tribunale e dimostrare di essersi occupato del parente anziano come un vero e proprio dipendente, non solo per ragioni affettive.
Per provare l’esistenza di un rapporto di lavoro dipendente, è necessario dimostrare in tribunale i seguenti elementi:
- un orario di lavoro definito e da rispettare;
- l’obbligo di seguire direttive o istruzioni impartite dalla persona assistita;
- la promessa di un compenso periodico per l’assistenza fornita al parente.
La Corte di Cassazione ha confermato l’esistenza di un rapporto di lavoro domestico anche basandosi su testimonianze.
Questi elementi sono fondamentali per dimostrare la subordinazione, fornire la prova e superare l’idea che l’assistenza sia gratuita.
Se si dimostra l’esistenza di tali elementi nel proprio caso, è possibile richiedere il riconoscimento di un rapporto di lavoro, anche se non regolarizzato, e chiedere il pagamento per il lavoro svolto e per eventuali straordinari.
Come assumere un familiare come badante
Quando si assume come colf o badante un familiare (parente fino al terzo grado di parentela) o un affine (con legame ai parenti del coniuge) entro il terzo grado, l’INPS non nega automaticamente l’assunzione, ma sottopone il rapporto a un controllo.
In questo caso, la notifica di assunzione inviata tramite il portale INPS sarà segnalata come “Sospesa” e sarà confermata dall’ufficio INPS competente solo dopo aver condotto i necessari controlli per verificare le informazioni fornite dal datore di lavoro.
Il datore di lavoro può monitorare lo stato del rapporto di lavoro domestico dichiarato all’INPS accedendo alla sezione “Assunzione | comunicazione INPS” del sito, inserendo le credenziali e selezionando “Consultazione rapporto di lavoro” nel menu a sinistra. Lo stato del rapporto sarà visualizzato nella parte superiore della pagina di consultazione.
Per accelerare la verifica da parte dell’INPS e dimostrare l’effettiva dipendenza del lavoratore, il datore di lavoro può inviare tramite PEC o raccomandata all’ufficio INPS competente una “Dichiarazione di responsabilitità.pdf“.
Se l’INPS ha dei dubbi sull’autocertificazione inviata dal datore di lavoro, può avviare verifiche o convocare le parti interessate. Le parti devono dimostrare che c’è stata una compensazione economica per il lavoro svolto e che esiste un legame di dipendenza.
A tale scopo, il datore di lavoro può fornire copia della lettera di assunzione al o alla badante, delle buste paga e delle ricevute dei pagamenti effettuati al collaboratore domestico.
Esistono casi in cui l’INPS accetta automaticamente l’assunzione, senza richiedere ulteriori prove, considerando la particolare condizione dell’assistito che, oltre a ricevere l’indennità di accompagnamento, deve essere:
- un ministro del culto cattolico del clero secolare (sacerdoti che operano sotto l’autorità del vescovo, esclusi i membri di ordini religiosi come i gesuiti e i francescani).
![familiare che fa da badante deve essere pagato](https://invaliditaediritti.it/wp-content/uploads/2024/05/familiare-che-fa-da-badante-deve-essere-pagato.jpg)
Cosa cambia a livello contributivo per l’assunzione di un familiare come badante
La percentuale dei contributi da versare per il lavoro domestico subisce una variazione solo se l’attività lavorativa svolta con un parente o un affine entro il terzo grado avviene nella stessa residenza.
Le tabelle fornite dall’INPS indicano contributi orari diversi in questi scenari, con l’esclusione del contributo ex CUAF.
Nel caso di rapporti lavorativi tra coniugi, parenti (figli, fratelli, sorelle, nipoti) o affini (genero, nuora, cognati) entro il terzo grado che convivono, l’INPS applica un’aliquota differente, senza includere il contributo ex CUAF, poiché datore e collaboratore fanno parte dello stesso nucleo familiare, rendendo il lavoratore ineleggibile per gli assegni familiari.
FAQ sullo stipendio della badante
Quanto si dovrebbe pagare una badante 24 ore su 24?
Il compenso per una badante 24 ore su 24 dipende da diversi fattori, tra cui il livello di esperienza, la zona geografica e le mansioni richieste. In genere, i compensi possono variare significativamente, ma un’indicazione approssimativa potrebbe essere nell’ordine di 1.200 a 2.000 euro al mese, o più, a seconda delle varie circostanze specifiche.
Quanto costa una badante per il sabato e la domenica?
Il costo mensile medio per un badante che copre i turni del weekend, lavorando 8 ore sia il sabato che la domenica, ammonta a circa 730 euro per il datore di lavoro. Questa cifra comprende stipendio, contributi, tredicesima, ferie, TFR e altri oneri gestionali.
Quando la badante va in ferie chi paga la sostituzione?
La famiglia è responsabile del pagamento della retribuzione sia per la badante sostituta che per la badante titolare assente per ferie. Nel caso in cui la badante titolare sia stata assunta come convivente, la sua busta paga includerà un’indennità sostitutiva, corrispondente al valore di vitto e alloggio di cui non usufruisce durante il periodo di assenza.
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